5.2 Mitologia indiana
Le più antiche formulazioni della mitologia indoeuropea di cui si abbia piena documentazione ci vengono dal Rig-Veda indiano, compilato probabilmente alla fine del II millennio a.C. dai popoli ariani che avevano invaso l'India settentrionale. Il dio maggiore era a quel tempo Varuna, l'onnipotente signore della scienza e della magia, che presiedeva il cangiante spettacolo dell'universo. Spesso gli si trova associato Mitra, il dio-sole che fiancheggia e soccorre il genere umano, stabilendo leggi e contratti a garanzia del benessere sociale. Tuttavia, il dio più importante del Rig-Veda è Indra, il guerriero. Questi tre, insieme a un'ampia cerchia di dèi minori, sono Adityas, i figli dell'infinita dea Adita, forse un'antica madre della terra. Contro gli Adityas si ergono i Danavas, figli di Danu (il restrittore), fra i quali emerge il gran drago Vritra. Dopo molti combattimenti, sfide, trattati, Indra, il campione degli Adityas, distrugge Vritra con il suo fulmine, liberando le acque cosmiche e rendendo possibile la creazione, cui presiederanno Varuna e Mitra.
La mitologia dell'India fluisce costantemente, sicché divinità che hanno una parte secondaria nel Rig-Veda diventano importanti nei Veda più tardi e in altra letteratura. Così accade per Prajapati, che va a rimpiazzare Varuna nel ruolo di arbitro dell'ordine cosmico. Col darsi calore, infiammando se stesso, Prajapati porta all'essere la gerarchia dell'universo attraverso il proprio umidore o seme, e così istituisce con il suo sacrificio l'ordine delle cose che viene perpetuato attraverso i riti e i sacrifici della casta sacerdotale. Altre due importanti divinità connesse ai riti sono Agni e Soma: Agni è dio del fuoco, illuminatore e agente del sacrificio. Il culto del fuoco, un antico aspetto della religione indoeuropea, rimase centrale nella mitologia e nella religione dell'Iran. Soma, il dio, è spesso indistinguibile dal soma, bevanda degli dèi, che conferisce a Indra il potere di sopraffare il drago. Come dio e come bevanda, Soma dà forza, penetrazione, immortalità, ed è inoltre capace di istituire una forma di unione fra i sacerdoti e la divinità.
Nell'Induismo più tardo appare una triade diversa: Brahma, il creatore; Vishnu, il preservatore; Shiva, il distruttore. Poiché il suo ruolo è esclusivamente quello di creatore, Brahma, portata a termine la sua opera, resta nei miti come figura periferica, mentre Vishnu e Shiva hanno un'importanza assai maggiore. Vishnu, che era un dio secondario nella letteratura più antica, è adorato soprattutto nelle sue vestigia, incarnazioni, come Rama e Krishna, i personaggi principali delle epiche Ramayana e Mahabharata. In ambedue queste narrazioni il dio prende forma umana per ricostituire una ferita dell'ordine sociale, ovvero del mondo in generale, e per ristabilire così la relazione appropriata fra il genere umano e la divinità. È dunque interpretato e venerato come il prediletto salvatore dell'umanità.
Shiva, d'altro canto, è figura ambivalente: da un lato è un solitario che cerca il sapere con la pratica dell'ascesi, ma per molti aspetti è anche un dio inquietante, un distruttore, che rappresenta al tempo stesso il rifiuto della società normale e il tentativo di realizzare un nuovo ordine tramite la via alternativa dell'ascetismo e della disciplina mistica.
L'antica religione iranica condivise la medesima eredità ariana della mitologia indiana. Fonti mitanne del tardo sec. XIV a.C. registrano i nomi di Varuna, Mitra e Indra, come pure dei due Nasatyas, i gemelli che raffigurano le funzioni produttive della società. In epoca achemenide (549-330 a.C.) la triade era rappresentata da Ahura Mazda, Mitra, e da una divinità chiamata Anahita. Ahura Mazda fu la divinità centrale dello zoroastrismo; Mitra, che in questa dottrina appariva come figura minore, diede in seguito origine a un culto separato, il mitraismo.
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