2. Lo studio del mito
2.1 Lo studio del mito
Una distinta disciplina, destinata alla raccolta e all'interpretazione dei miti, compare nel mondo occidentale solo in periodo illuministico (illuminismo), nella seconda metà del sec. XVIII, anche se l'interesse per i miti e per la loro interpretazione ha una storia molto più lunga. Già i Greci dell'antichità classica ebbero molto da dire, sia dal punto di vista descrittivo che da quello critico, a proposito dei miti.
Talete di Mileto (sec. V a.C.) è generalmente riconosciuto come il primo degli antichi Greci ad avere espresso un'istanza critica nei confronti dei miti classici. Avendo formulato la teoria secondo cui il mondo è formato da una sola sostanza - l'acqua -, egli attaccò conseguentemente tutti i moduli di descrizione composita del cosmo come erano stati rappresentati nei miti, e così pure le spiegazioni fornite dai miti stessi sulla natura delle cose. Platone utilizzò i miti e i moduli mitici come strumenti euristici e pedagogici per attingere le verità più profonde della filosofia, mentre Aristotele li attaccò in modo assai più distruttivo, definendoli storie fantastiche incapaci di fornire verità alcuna sull'uomo e sul mondo. La critica greca del mito era dunque impostata per dare risalto alle potenzialità insite in un'intelligenza e in un controllo razionali del mondo.
Nel sec. IV a.C. il mitografo greco Evemero elaborò la teoria secondo cui gli dèi erano stati in origine re o eroi - in ogni caso semplici mortali -, venerati in seguito per le loro straordinarie imprese. Con l'avvento del cristianesimo, propugnatore dell'assoluta eccezionalità della rivelazione di Dio nella storia tramite l'incarnazione nel Figlio, Gesù Cristo, gli antichi dèi vennero interpretati o in senso evemeristico o come dèmoni inferiori. Gli autori cristiani dovevano in seguito adottare interpretazioni allegoriche dei miti, letti come storie esemplari e morali, secondo un orientamento che si mostrò vitale fino al Rinascimento.
Nella cultura rinascimentale è presente anche un'interpretazione teoretica dei miti, o "favole antiche", intesi da molti intellettuali - durante la cosiddetta rinascita del paganesimo - come portatori di profonde verità filosofiche occultate sotto la veste di immagini che rivelano solo agli iniziati il loro segreto. Nella ripresa del platonismo, questo motivo della supposta antichissima sapienza induce a indagare i miti — come le leggende e i poemi antichi - alla ricerca di quelle verità: è il caso di Francesco Patrizi o dello stesso Francis Bacon, autore di un primo rovesciamento interpretativo dei miti con la sua ipotesi che essi siano piuttosto un linguaggio "ereditato" da un'età primitiva. Con la rivoluzione scientifica attuatasi fra il Sei e il Settecento, l'idea di un'antica sapienza riposta nei miti come in uno scrigno si indebolisce, sebbene ancora lo stesso Newton sembri condividerla.
Lo studio sistematico del mito, che inizia in Occidente durante il periodo illuministico, eredita quei presupposti e molte ricerche di quell'epoca rispondono alle critiche storiche e razionali, sia che le apprezzino sia che le contraddicano.
Gli studi del mito si diffusero ampiamente. Le teorie di Voltaire e di Charles de Brosses furono due esempi dell'idea che i miti esprimessero esperienze "infantili" o "giovanili" del genere umano. Si notano naturalmente accenti diversi nelle dottrine di questi due pensatori, ma entrambi lavoravano basandosi sull'assunto che la storia umana è essenzialmente la storia di un progresso i cui primi stadi, innocenti e brutali, preannunciano le successive e più sofisticate fasi del procedere umano. E anche i pensatori fra loro più diversi - da Giambattista Vico a Robert Lowth (1710-1788) - concordavano su questa idea fondamentale. Per Vico quella del mito è la fase della specie umana corrispondente, nell'analoga struttura delle età individuali, all'infanzia; analogamente, le scoperte filologiche della sua epoca gli permettevano di individuare nei geroglifici non una scrittura esoterica (esoterismo) portatrice di significati riposti, ma la primitiva scrittura ideografica di un'umanità che sperimentava l'idea della comunicazione scritta. Sia per Vico che per Lowth le prime fasi avevano una loro peculiare esemplarità, e gli stadi progressivi della società umana rappresentavano il successivo complicarsi e arricchirsi dei primi e più creativi momenti della cultura. In un certo senso, il mito racchiudeva in sé tutti i significati e i rapporti destinati a esprimersi nelle successive tappe della storia di una società.
In Francia è degno di rilievo il contributo di Boulanger, il giovane intellettuale collaboratore dell'Encyclopédie, che affrontò con gli strumenti della critica al mito una "favola" delle origini presente in molte culture, ma decisiva per la cultura cristiana: il diluvio universale. Boulanger leggeva nel diluvio una storia di paura, di rimozione di un fatto storico orrendo di distruzione e di morte, che aveva dato all'umanità i suoi dèi, il senso del peccato originale, la volontà di celare con le favole di un felice passato mitologico il terrore di un evento storico, che la geologia ormai sembrava documentare.
Vico e Lowth avevano sottolineato il carattere poetico e insieme oracolare del mito (nel senso visto da Boulanger), capace di originale penetrazione. Questa idea del mito come originario e poetico fu raccolta da un'altra scuola di interpreti, che lo videro non solo come espressione originale e peculiare di una cultura in formazione, ma come l'inizio di quella forma del linguaggio umano che è la poesia. Il movimento romantico (romanticismo) espresse in molte forme un tale orientamento, da cui furono influenzati sia gli studi di mitologia che, più in generale, l'interpretazione delle culture occidentali antiche della Grecia e di Roma.
Le discipline moderne che si occupano della mitologia hanno ereditato alcuni dei punti di vista brevemente elencati. L'antropologia e la storia delle religioni furono le prime discipline, nonché le aree di ricerca più rilevanti, entro le quali è proseguita una sistematica indagine dei miti. La storia delle religioni, che ha un suo inizio negli studi di Max Müller sulle origini del mito e del linguaggio, ha proseguito diventando arena privilegiata di discussione del significato religioso del mito, come appare chiaramente nelle opere di uno storico della religione contemporaneo, Mircea Eliade. Analogamente l'orientamento che vede nel mito soprattutto l'impostarsi delle strutture culturali di una società, suggerito nelle opere del padre dell'antropologia, Edward B. Taylor, prosegue attraverso l'opera di Émile Durkheim o Bronislaw Malinowski fino al contemporaneo Claude Lévi-Strauss.
Orientamenti interpretativi che facevano appello alla psicologia hanno ricevuto un notevole impulso dallo svilupparsi della psicologia del profondo - definitasi come campo di ricerca fra i secc. XIX-XX - tanto che molti studiosi di mitologia danno interpretazioni freudiane, o junghiane, del mito. Si citano fra gli altri come più rilevanti Geza Roheim e Joseph Campbell. Così, mentre la cultura occidentale si ispira primariamente a modi interpretativi e critici razionali e storici, lo studio del mito resta un momento d'indagine della realtà umana fra i più intensi e fruttuosi.
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